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Quando il Nebbiolo è meglio chiamarlo Chiavennasca di Matteo Carlucci

Lasciamo il tavolo con occhi sognanti, con la mente che vaga ancora tra terrazze scavate nella roccia, baciate dal sole, bagnate dal sudore di chi le mantiene in vita e ci permette di poter apprezzare questi capolavori di caparbietà vitivinicola. Respiriamo gli odori della montagna nei calici, accarezziamo ancora il palato con la lingua a cercare il sale della Sassella, il tannino di seta della chiavennasca, e mi viene voglia di non confonderla più con il "nebbiolo". Forse anche il nome declinato al femminile ne aumenta la bellezza e le rende più giustizia. Forse da quella sera la Valtellina sarà, per me, la terra della Chiavennasca. Leggi tutto

Lo Champagne dei vignaioli. Di Francesco falcone

Dopo il sesso e il cibo, il vino rappresenta il contatto più personale attraverso il quale il mondo esterno può toccare il nostro corpo. I segni che lascia - i suoi effetti - dipendono dalle nostre preferenze più epidermiche. Privilegiare un vino anziché un altro può dirci chi siamo, svelando una parte decisiva della nostra identità. Battezzare il nostro vino del cuore è dunque un atto privato e non occorre una guida. Occorrono solo buoni margini di libertà: bisogna essere liberi di poter godere come ci pare. Chi affiderebbe le nostre preferenze sessuali a una giuria di esperti? Nessuno, spero. E allora nessuno dovrà toglierci la possibilità di bere in modo istintivo e di assecondare le nostre esigenze più intime: va bene la curiosità, va bene la ricerca e lo studio, va bene l’arte dell’abbinamento col cibo e i pruriti delle novità a tutti i costi, ma poi uno deve sentirsi a casa per lasciarsi andare. Leggi tutto

Retrospettive in Borgogna. Appunti di degustazione. Di Duccio Armenio

Considerazioni e riflessioni post evento associazione Sommelierdellasera del 31 Gennaio 2020, ristorante Riesling Vino&Cucina a Marina di Ravenna. Leggi tutto

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