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La riscoperta del Vermouth

  • La riscoperta del Vermouth

La scorsa estate, per motivi di lavoro, sono stato per circa un mese a Madrid, e perdendomi tra le vie del centro mi sono spesso imbattuto, tra birrerie e caffè, in alcune vermuterie.
Come italiano, mi son sentito subito un po’ spaesato: “Ma non veniva da Torino, il vermouth? Possibile che sia così diffuso in Spagna?“ Girando spesso per fiere e degustazioni di vino in Italia, avevo già notato una certa rifioritura di questa bevanda, sempre più proposta, ma non mi aspettavo di trovarlo così presente e radicato in Spagna.
Della mia avventura madrilena parlerò in seguito, intanto ecco alcune nozioni base sul vermouth e sulla sua affascinante storia e dibattuta origine, che ho sentito il desiderio di riscoprire in questi mesi partendo, inaspettatamente, proprio da Madrid.

Il “vermouth” è un vino aromatizzato composto da vino (almeno il 75%), alcool, zucchero, estratti di erbe, caramello naturale o zucchero bruciato, e il suo nome deriva dal termine tedesco wermut che significa “artemisia”, ovvero la pianta principalmente utilizzata per aromatizzarlo.

I componenti del vermouth, caratteristiche e tipologie

Parlando del vermouth come oggi lo conosciamo, ovvero quello di origine torinese, possiamo affermare che, mentre all’inizio del suo successo esso veniva realizzato soprattutto con vino Moscato, agli inizi del secolo scorso si cominciarono a preferire vini bianchi più “neutri”, come i piemontesi Erbaluce e Cortese,  il Trebbiano di Romagna, il Bombino Bianco o il Sansevero provenienti dalla Puglia. L’alcol attualmente utilizzato è generalmente di origine cerealicola, neutro e di gradazione tra i 94 e i 96 gradi; lo zucchero, generalmente di canna ed in percentuali comprese tra il 15% ed 24%, serve a  dare struttura, a bilanciare le erbe amaricanti. Le piante aromatiche per la preparazione del vermouth sono moltissime e servono per ottenere gli estratti e le droghe, sia con macerazioni (infusioni fredde) che con infusioni calde. In generale possiamo dividerle in erbe e droghe, entrambe amare, aromatiche e amaro-aromatiche, andando a comporre sei grandi famiglie. Ultimo ingrediente, lo zucchero bruciato, ovvero saccarosio imbiondito in grado di armonizzare il composto e che può essere utilizzato al posto del caramello, più scuro e amaricante.

Il vermouth si divide in cinque tipologie: Bianco, Rosso, Rosè, Dry e Extra Dry, differenziandosi per grado alcolico e residuo zuccherino. I primo tre hanno un grado alcolico tra i 14.5 ed i 22 gradi, con residuo zuccherino non inferiore al 14%, mentre gli ultimi due, più secchi, hanno un residuo zuccherino rispettivamente del 5% e del 3%, a fronte di un grado alcolico che non può scendere al di sotto dei 15/16 gradi (per il Dry non scende generalmente sotto i 18 gradi).

Storia e Origine

La storia dei vini aromatizzati, fortificati o “conciati”, si perde nella notte dei tempi. Già nell’antica Greciale preparazioni a base di vino erano conosciute e utilizzate: miele, erbe, spezie e frutti erano soliti essere aggiunti al mosto cotto o al vino. Lo stesso possiamo dire delle preparazioni in auge durante l’ImperoRomano, lo stesso Cicerone riporta di vini aromatizzati all’assenzio. Anche nel Medio Evo sono numerose le testimonianze della preparazione e dell’utilizzo di vini aromatizzati, in particolare per i loro benefici “stomatici”, digestivi e curativi. Lo stesso vermouth toscano, rinomato nei secoli scorsi, aveva uno scopo prevalentemente curativo e medicinale, tanto che non veniva dolcificato con lo zucchero né fortificato con l’alcol.

La storia del vermouth moderno, come noi lo conosciamo ora, inizia invece alla fine del diciottesimo secolo a Torino, dove la tradizione vuole che Antonio Benedetto Carpano, garzone della rivendita di vino Marendazzo situata nell’odierna Piazza Castello, elaborò il primo vermouth a base di Moscato, con infusioni di erbe, spezie e frutta. Non sappiamo con esattezza se fu proprio Carpano a inventare il primo vermouth, ciò che sappiamo è che fu il primo a renderlo una bevanda di successo, prendendo ispirazione da una bevanda a uso curativo già esistente e rendendola piacevole con zucchero e spezie dolci, da bere per piacere e non per fini medici. Nacque così, tra gli altri, il rinomato “Punt e Mes” e iniziò la rigogliosa storia del vermouth di Torino, portata ai giorni nostri, oltre che da Carpano, da rinomati marchi quali Cinzano, Martini & Rossi, Gancia, Cocchi, solo per citarne alcuni, presenti nell’immaginario collettivo tanto per il loro vermouth quanto per le meravigliose etichette e pubblicità che spaziavano tra stile liberty e futurismo.

Da allora protagonista della miscelazione in cocktails diffusi in tutto il mondo, dall’Americano al Negroni passando per il Martini Dry solo per fare alcuni esempi, il vermouth sta oggi vivendo una seconda giovinezza, accompagnata dalla riscoperta delle materie prime di qualità e dell’importanza del territorio, che sta spingendo non solo le storiche aziende produttrici a proporre prodotti sempre più in linea con le tendenze del momento, ma anche le cantine vinicole del nostro territorio nazionale a proporre questa bevanda partendo, magari in edizioni limitate e con piccoli numeri, dai propri vini, tornando a cercare “alchimie” in grado di esaltare e dare una nuova interpretazione alla propria produzione vinicola.

Un successo e una rinascita non solo italiani, ma in grado di imporsi in molte zone del mondo e d’Europa, come appunto in Spagna, a Madrid, dove tutto è cominciato.