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Vigna Monticchio, una verticale storica

  • Vigna Monticchio, una verticale storica

Per gli appassionati di sangiovese il Rubesco Vigna Monticchio di Lungarotti rappresenta un caposaldo imperdibile, un’etichetta simbolo, che ha segnato la storia di una regione, elevandone la fama vitivinicola. Basti pensare che negli anni sessanta l’idea di realizzare un vino da singolo vigneto, e proporlo oltretutto dopo 10 anni di affinamento poteva sembrare quantomeno stravagante, per non dire azzardata. Ma i risultati diedero ragione a Giorgio Lungarotti, innegabile motore principe della rinascita enologica umbra, passata attraverso la creazione di DOC e DOCG (Torgiano e Torgiano Rosso Riserva) scaturite proprio per valorizzare e tutelare il suo grande lavoro.20150428_231716

 

L’idea nacque attorno al vitigno a bacca rossa che domina l’italia centrale, il sangiovese appunto, affiancato da una percentuale di canaiolo, altro vitigno autoctono tradizionale della zona come della vicina toscana. Le uve furono frutto di un solo vigneto, il Vigna Monticchio, un cru che occupa un colle intero, per una superficie totale di ben 12 ettari, in località Brufa, a circa 300 metri di quota e con esposizione principale a occidente. Inizialmente gli impianti seguivano ancora impostazioni tradizionali, con densità che non superavano le 2500 piante per ettaro, e solo negli anni 90, una serie di successivi reimpianti portò il vigneto all’attuale configurazione, con quasi 5000 ceppi/ha. Quello del rinnovo degli impianti e della concezione della vigna fu una scelta che modificò l’anima di questo vino, in quanto le rese in vigna diminuirono drasticamente, portando ad avere uve più concentrate e conseguentemente vini dalla trama più spessa. Questo cambiamento potrebbe essere forse ancor più incisivo di quello enologico, operato negli anni 80, quando le tradizionali botti grandi lasciarono parzialmente il posto alle barrique per accogliere il Rubesco Vigna Monticchio nel suo lungo affinamento.

Fino al 2001 l’attesa prima di vedere in commercio questa etichetta era come detto di circa 10 anni, nei quali il vino riposava per un anno in legno, per ben 4 anni in vasca di acciaio, e quindi 4 anni in bottiglia. Dall’annata 2002 i tempi sono stati accorciati, contestualmente a qualche aggiustamento anche in fase di vinificazione, equiparando l’uscita del Vigna Monticchio con quella di una Riserva di Brunello, ovvero con qualche mese in vasca, sempre un anno in legni di rovere, quindi 4 anni in bottiglia prima della vendita.

Nella verticale storica alla quale ho partecipato per merito dell’amico organizzatore Michele “Pico” Palermo siamo andati a ritroso fino ai primordi di questa etichetta, attraversandone le fasi fino al cambiamento definitivo, fermandoci cioè alla 2001, annata che segnò come detto l’ennesimo e più definitivo cambio di impostazione.

20150428_231859Vigna Monticchio 2001. Rubino denso il colore, cenno polveroso nei profumi, che si dilegua presto aprendo a ciliegia e fragola con yogurt, carne, chiodi di garofano, viola e spezie. Al palato ha freschezza,  potenzsa ben sostenuta e tannino vivo, ben presente, come il finale ricco dominato da ricordi di prugna e liquirizia. Brunelleggia.  86-

Vigna Monticchio 1997. Rubino piu scarico nei toni, ma la bottiglia è sfortunata e soffre un’evoluzione eccessiva, che produce note di oliva ascolana, radice di liquirizia,  cetriolo, asparago e kren. Anche la bocca conferma il verdetto, con poca polpa, asprezza in evidenza e componenti scomposte. SV

Vigna Monticchio 1995. Colore granato, profumi selvatici, appena foxy, tra suggestioni di pelle e tabacco, inchiostro e ginepro. Freschezza viva, tono minerale di sasso, tannino fine e ricordo di oliva lieve, poi ritorni eleganti di agrume e gomma, con bell’allungo fresco-sapido. Chianteggia. 86+

Vigna Monticchio 1992. Granato con bagliori rubino, un po’ opaco, ma vivo. Ridotto in apertura, sbuffa di zolfo, ginepro e cannella. In bocca arriva ancora fresco e vivo, dal tannino appena ruvido, che sprigiona ricordi di tabacco rosso e cannella, quasi piccante, di peperoncino abbrustolito. Bella beva, con pomodoro secco e origano e sfumature umami. Mediterraneo. 85+

20150428_23183120150428_231826Vigna Monticchio 1990. Annata più calda, e il tono si carica di un rubino fosco, abbastanza trasparente ma denso, così come il naso, ricco e poliedrico, con bel frutto rosso, balsamico di alloro e caffè, cacao e anguria, ed un rincorrersi di volatile e alcol. Tagliente e ruvido, scalpita di agrume rosso ed esce poi con ricordo vegetale e sapidità scura. Vino di impatto, appena rustico ma di grande emozionalità e carattere, con tannini da vinacciolo. 87

Rubesco Monticchio 1988. Foglia di tè e tabacco, cenno di funghi, poi riprende le note del 2001, con frutta e spezie, ma con maggiore eleganza, e terziarizzazioni accumulate nel tempo. Al palato è però più snello e corre deciso, con ricordo di chinotto, una nota amaricante più marcata, ma anche frutto pieno di prugna rossa, e liquirizia. Sostanza ben disegnata, tannino raffinato e finalmente sul binario del piacere puro, con sapore multistrato e allungo profondo. 90 (da annata comunque eccellente nella maggioranza di Umbria e Toscana)

Vigna Monticchio 1987. Annata fredda, e bottiglia uccisa dal TCA. SV.

20150428_231126Vigna Monticchio 1977. Il colore è un bel granato trasparente e luminoso, e al naso è un compendio di erbe officinali, spinte da note di volatile, che trascina suggestioni di maraschina, cacao e muschio. Bocca solcata da un’acidità quasi eccessiva, che gli fa perdere grazia, pur con finale più che dignitoso nel sapore. 84 (perde in bocca tanti punti guadagnati al naso)

Torgiano Rubesco Riserva Vigna Monticchio 1975. Naso ammantato di riduzione, poi ancora esce una netta vena di volatile, che nasconde un po’ i toni di ciliegia e pellame. Al palato si difende con buon agrume di arancia, tannino vivo, abbastanza vellutato, e una chiusura però poco efficace, che vira sul pomodoro. 82 Prima annata in degustazione del Vigna Monticchio con menzione riportata in etichetta. Le precedenti venivano prodotte sempre da quel vigneto, ma non era ancora indicato in etichetta.

120150428_231751973. Bottiglia andata in aceto. SV


Torgiano Rubesco 1971
. Colore granato appena ammaccato, naso ammaliante con tutto quello che si può sperare da un sangiovese: fiori secchi, incenso, cardamomo, sottobosco resinoso di conifere, liquirizia, pellame e inchiostro. Bella bocca, dove il sapore si fa intenso nonostante la leggerezza della beva, fresca e dal tannino ormai levigato e ridotto a sottile seta. Vino che esce alla distanza, regalando soprattutto profumi incredibili, fino al glicine e allo zenzero. 89

Torgiano Rubesco Riserva 1969. Granato scarico, di piena trasparenza, evidente la sua evoluzione, ma il naso è lì, a raccontare di prugna e una miriade di spezie: coriandolo, cumino, poi toni di gomma, e frutto di pesca bianca. Chiudendo gli occhi mi è sembrato quasi un vecchio riesling. Spiazzante, ma la bocca aveva perso molta della sua personalità, un po’ diluita. 83

20150428_231736Torgiano Rubesco Riserva 1968. In assoluto il vino della serata. Sorprende subito col colore, che torna sui toni del rubino limpido. I profumi sono tanti, si apre a ventaglio, vino che merita di soffermarsi minuti ad apprezzarne l’evoluzione nel calice: cioccolato, pepe, propoli, la quasi immancabile vena di volatile, che vira su fiori di lavanda, poi ancora anguria, cola, muschio. Vino lieve al palato, danza sulle punte con tannino ancora presente, elegante. Emblematico di una concezione enologica che sembriamo spesso rimpiangere in questi anni, la stessa dei Chianti Classico più belli, ma anche di vecchi Barbaresco e Barolo, dove non c’era volontà di dare muscolo al vino e se ne guadagnava in vini sottili, di dettaglio, ma di grande futuro, specie in annate super come questa. Lunghissimo il suo ricordo. 92

Torgiano Rubesco 1964. Prima annata, e una sorta di documento storico più che un vino. Vino dal tappo imperfetto, ed evoluzione che introduce riduzioni. Si scorgono note di cacao, scorze di arancia disidratata e peperoncino secco. All’assaggio non manca freschezza, ma il resto si va perdendo. SV

Le annate più recenti riusciranno a regalare le stesse emozioni? C’è solo da attendere una trentina d’anni per avere il verdetto.

Lungarotti Rubesco Riserva Vigna Monticchio 2008