I PARADOSSI DELLA DEGUSTAZIONE Di Francesco Falcone
Si è degustatori
stando nella trincea delle cose.
Con lo zaino in
spalla e la curiosità eternamente accesa.
Si è degustatori
imbrattandosi di vino e di terra.
Con l’energia
necessaria a essere complici della fatica.
Si è degustatori
affidandosi alla filosofia dei sensi.
Con la
consapevolezza che niente accadrà una seconda volta.
La degustazione è come l’inizio della primavera,
instabile e irrisolta: un profumo e un gusto, una sensazione e una riflessione
possono emergere come un lampo e poi estinguersi bruscamente, per ragioni
pressoché misteriose, come misteriose sono quelle giornate di marzo, in cui il
sole si alterna alla pioggia e il caldo al freddo, senza alcun preavviso.
La degustazione non trova ispirazione nella linearità del pensiero, ma
nell’allusione, nell’evocazione, talora nell’illusione.
La degustazione alterna sapere e distacco: sapere per conoscere con sapore,
distacco per conoscere con lucidità. Ma alla fine il sapore prevale sempre
sulla lucidità.
La degustazione funziona al contrario, come un continuo paradosso, poiché al
vino non occorre prendere le misure, semmai dal vino bisogna prendere le
distanze, se si ha l’ambizione (folle) di comprenderne il meccanismo.
La degustazione non parla la lingua delle scienze naturali, ma quella
dell’umanità, delle gioie, delle passioni, dei piaceri, delle sensibilità,
dell’umiltà. La degustazione parla la lingua dell'uomo che si impasta di
terra.
La degustazione è ciò che emerge in superficie, ma è soprattutto ciò che
palpita in profondità. E ciò che si intuisce in prospettiva.
La degustazione delimita i confini per valicarli, determina i territori per
attraversarli: la degustazione è un ponte perenne sostenuto dai pilastri della
conoscenza e dell’immaginazione.
La degustazione non fissa, non circoscrive, non specifica; la degustazione è
apertura, condivisione, contaminazione; la degustazione è mescolanza con tutto
il resto possibile.
La degustazione è inutile per l’umanità intera, ad eccezione di una striminzita
fetta di sognatori per cui è invece vitale. I degustatori vivono in una tribù e
sono minoranza etnica.
La degustazione rifugge dalla ricerca di un modello unico, è variabile e
impalpabile come lo sono il vento e le nuvole. La degustazione non cerca
archetipi, ma eccezioni; non punta all’unicità, ma alle molteplicità.
La degustazione ruota attorno a due sole norme necessarie: la prima è l'amore
intenso per il sapere, la passione compulsiva e irrefrenabile per la conoscenza
in tutte le sue forme. La seconda è il valore dell’indipendenza dai poteri
forti.
La degustazione non potrà mai essere una disciplina, e se lo è, allora è
indisciplina indisciplinata, poiché è nella disobbedienza delle consuetudini
umane che si basa la sua esistenza. Affermare il contrario, collegare cioè la
degustazione a una questione di certezze definite e definitive, significherebbe
scambiarla per un metodo scolastico.
La degustazione è invece ciò che di più distante vi è dalla scuola; la degustazione
è un’infinita vacanza intorno a una vigna e a un calice; l’eterno tentativo di
stare accanto a un piccola porzione di pianeta, a un breve scampolo di campo, a
una minuscola zolla di giardino. Per scoprire che in quel pezzo di terra, a
saperlo annusare, c’è il mondo intero.
Degustatore, divulgatore e scrittore indipendente.