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LA RELAZIONE CON IL VINO Di Francesco Falcone

  • LA RELAZIONE CON IL VINO Di Francesco Falcone

Per noi degustatori, quella col vino è una relazione. E come tutte le relazioni, a distanza di tempo, potrebbe rilevarsi ripetitiva, faticosa, noiosa. Vuoi per pigrizia, vuoi per consuetudine, ma ancora più spesso per paura che cambiare qualcosa possa metterci in difficoltà, possa rubarci le nostre certezze, possa scoprire le nostre debolezze, possa svelare la nostra immaturità. Ai tanti degustatori che si proteggono nelle loro rassicuranti convinzioni, per cui un rosso è un rosso, un bianco è un bianco, uno spumante è uno spumante; per cui un rosso è tannico, un bianco acido, uno spumante gasato; per cui un rosso va servito caldo, un bianco freddo, uno spumante gelido. Ecco, a quei degustatori lì, alcuni di loro anche molto dotati; a quei degustatori che preferiscono seguire il percorso di sempre, nel pieno di un comfort regolato da protocolli ortodossi che usano come uno scudo per difendersi da ogni eventuale deviazione, da ogni possibile tentazione; ecco, io a quei degustatori suggerirei di fare un passo avanti, prima di entrare nel tunnel di quella relazione ripetitiva, faticosa, noiosa. Oggi è pure più facile rispetto al passato: sono anni di cambiamenti, di riflessioni e di considerazioni intorno alla degustazione. Anni in cui stiamo imparando che “solo chi non esclude nulla, neanche la cosa più enigmatica, vivrà la relazione con un altro come qualcosa di vivente e attingerà sino in fondo la sua propria esistenza.” Rainer Maria Rilke non parlava di vino, ma l’essenza di quel pensiero così ispirato intercetta ogni possibile cosa possa riguardarci.


Dovendo fare una lista delle priorità, la passione è un sentimento indispensabile per rompere ogni possibile routine: passione ed entusiasmo ti catapultano nella vita – come nel vino - con un’energia altrimenti impossibile da sentire; vivere nella passione, essere appassionati, sentirsi appieno trasportati da ciò che facciamo, è un antidoto alla monotonia e un buon punto di partenza per essere degustatori che sanno relazionarsi con il vino. Non c’è dialogo aperto e autentico, tra un degustatore e il vino, se non quando la ragione più razionale e scolastica, formata nella pedissequa ripetizione delle pur valide nozioni accademiche, si converte in passione. La sola visione tecnica, del vino e della degustazione, non riesce ad aprire le finestre nascoste verso un percorso di indagine, di comprensione, di crescita, di maturità intorno al vino (al vino nel calice e al vino fuori dal calice). Nondimeno, per aprire quelle finestre lì, ci vuole disponibilità, curiosità, sensibilità, immaginazione. Crediamo che un degustatore di buona volontà debba mettersi in sintonia con i sentimenti propri e quelli altrui; deve educarsi all'incontro, deve adattarsi al percorso, deve accettare le differenze, deve sperare negli imprevisti, deve auspicare la novità, deve farsi trascinare dal torrente delle metamorfosi, che nel vino sono consuete.


Crediamo sia appagante entrare in relazione col vino come si fa tra esseri umani e come sarebbe opportuno fare tra esseri viventi (il vino vero è vivo), ovvero uscendo da sé stessi e dalle proprie ottuse convinzioni, per immedesimarsi in ciò che è altro da noi. Non può esserci una relazione prolifica, tra noi e il vino, senza un di più di coinvolgimento, senza un di più di trasporto, senza un di più di emozione. Se vogliamo degustare un vino godendone appieno, là dove la parola “godere” serve qui a sottolineare l’intensità e la profondità del piacere; se vogliamo creare una relazione prolifica tra noi e quel vino, tra noi e chi quel vino lo ha prodotto, tra noi e l’ambiente che quel vino ha nutrito, tra noi e il tempo che quel vino ha trascorso nel suo flacone, tra noi e le motivazioni che ci hanno portato a sceglierlo in mezzo a milioni di altri vini, è necessario provare empatia, trasporto, passione. È necessario farci accompagnare dalle nostre emozioni. Certo, il vino non parla, ma non occorre essere folli visionari per comprendere che è possibile comunicare, dialogare, vivere, amare con il silenzio e nel silenzio, perché anche il silenzio sa tenere banco, basta saperlo ascoltare e poi saperlo animare, regalandogli suono e respiro attraverso la nostra disponibilità all’ascolto, alla suggestione, all’emozione.


La meta finale di un bravo degustatore, benché non vi sia mai una fine, né un fine (semmai un mezzo) è conoscere il vino. Che non significa limitarsi a un vino, a un nome, a un’etichetta, a un sapore, a un odore, a un protocollo tecnico. Ma significa aprirsi a un mondo che è fatto di altri mondi; significa aprirsi a un mondo che è fatto di vite, vite in senso botanico e in senso umano. Significa sapere del sole e della pioggia, delle radici e delle foglie, dell’acidità e dei tannini, dei compattamenti e dei diradamenti, delle latitudini e delle altitudini, dei portainnesti e dei cloni. E ancora, di storia e di aneddoti, di mercato e di moda, di giurisprudenza e di prudenza, di fisica e di metafisica, di materia e di spirito; di sesso e di amore; di colori e di sguardi. Significa fare i conti con l’instabilità del vino, con la sua naturale predisposizione a modificarsi giorno dopo giorno; significa dunque sintonizzarsi con gli sconfinati orizzonti di un tempo impossibile da determinare. Significa fare i conti con il nostro temperamento, con le nostre certezze e le nostre insicurezze, le cose che sappiamo e le cose che ignoriamo, le quali ci fanno cambiare il modo con cui valutiamo un vino. Significa accogliere tutto, poiché non si può separare il vino dal cosmo che lo ha concepito, conosciuto, amato, detestato, archiviato. Significa insomma fare i conti con una complessa mescolanza di cose, nella convinzione che degustare è anche sinonimo di vita.


Francesco Falcone

Degustatore, divulgatore e scrittore indipendente. 

fra.falcone2003@libero.it