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Vezzoli, un Territorio, un Metodo, un Vino (la Franciacorta come la intendono loro)

  • Vezzoli, un Territorio, un Metodo, un Vino (la Franciacorta come la intendono loro)

Il Percorso

Produrre un vino senza conoscere il territorio e come i frutti che vi crescono ne siano influenzati, è la sintesi di un fallimento annunciato.P1020430 b

L’uomo che si fa contadino, ed ama il suo essere vignaiolo, è conscio del ruolo del tempo, delle sfide che portano a migliorarsi. E’ quasi intimidito da quella sola, unica, possibilità che la Natura gli concede ogni anno. Si accosta con umiltà alla Terra, consapevole del suo difficile compito di migliorare ciò che gli viene donato dalle stagioni e dal naturale ciclo biologico.

Anno dopo anna, raccogliamo le uve dell nostra Franciacorta e ci chiediamo cosa possiamo imparare per migliorare sempre: è un lavoro di attese, di silenzi, di lavoro, di convinzioni che si formano in vigna ed in cantina.

Abbiamo guardato anche fuori dai nostri confini, confrontandoci su coltivazioni e lavorazioni su processi e vini: lo sguardo fisso ai risultati di eccellenza.

E’ un lungo lavoro di paziente affinamento sulle esperienze maturate, per capirne le differenze e calibrare l’aderenza del nostro metodo alla Franciacorta.

La Franciacorta presenta profonda eterogeneità di suoli: i terreni sciolti e calcarei delle colline moreniche e le pendici delle Prealpi, i corsi d’acqua, come il nostro fiume Oglio, le aree umide come le Torbiere d’Iseo, le aree più asciutte a sud della linea pedemontana. Ne viviamo ogni giorno le profonde differenze ed i riflessi sulle uve ed i vini che ne sgorgano.

Abbiamo cominciato a riflettere sulla possibilità di non utilizzare più “vini di riserva” da mettere in taglio all’ultima vendemmia, prima del tiraggio e delle presa di spuma. Tutta la diversità “da inventarci” era già servita dalla Natura e bisognava solo coglierla: cuvèe di singole annate, fatte, semmai, di assemblaggi tra vigneti differenti.


L’Uva

Raccogliere uva in Franciacorta con un potenziale volume alcolico vicino ai 12 gradi, significa avere un frutto maturo. La certezza di acuire il ventaglio organolettico portando l’uva a una perfetta maturazione fenolica ci pone però due incognite:

-L’alcool. Considerando che, in media, la piena maturazione coincide con i 12 gradi e che l’ulteriore apporto di zucchero in pase di tiraggio renderebbe i vini alcoolicamente eccessivi per la tipologia.

-L’acidità. La conservazione dell’acidità è fondamentale, ma occorre fare i conti con le fasi di maturazione e raccolta.

La Tecnica

All’aumento di grado alcolico, dobbiamo evitare di aggiungere zucchero all’atto del tiraggio, conservando quello presente nell’uva stessa. Con la tecnologia del freddo, si impedisce che il mosto fermenti in vasca.

Per estrarre il massimo tenore acido, lavoriamo invece sulla resa: una pressatura leggera, con una resa ben al di sotto del 60% consentito dal disciplinare, usando solo il mosto fiore.

L’assemblaggio avviene nella primavera successiva alla vendemmia e la messa in bottiglia con la sola aggiunta di lieviti per il tiraggio.

Il metodo prevede la raccolta di uva a piena maturazione e la conseguente pressatura soffice nel pieno rispetto del frutto.

Gli zuccheri naturalmente presenti nel mosto sono quindi sufficienti sia per la prima fermentazione, sia per la presa di spuma in bottiglia.

Se alla sboccatura si vuole un differente grado di finitura, secondo le categorie previste (Extra Brut,Brut,Demi Sec), si usa esclusivamente mosto. Naturalmente di Franciacorta.

Da Vezzoli Vini