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La rivalutazione dell’identità del chianti, può essere un grande vino.

  • La rivalutazione dell’identità del chianti, può essere un grande vino.

Dopo avere letto che l’Organizzazione Mondiale  della Sanità  scrive che non fa bene un bicchiere di vino a tavola ma addirittura è meglio berne una bottiglia al giorno.’ Mi decido!   Dedico la serata al mio sport preferito, apro una bottiglia di Fontodi Chianti Classico Riserva ‘Vigna del Sorbo’ annata 1995. La scelta cade su un chianti dopo avere  assaggiato, alla manifestazione ‘Vini Naturali’ a Piacenza  un favoloso chianti rufina della fattoria Cerretto Libri.

La Fattoria Cerreto Libri a viti di oltre quarant’anni e fa biodinamico da circa vent’anni vigne di Sangiovese, Canaiolo, Colorino, Trebbiano e Malvasia. Il luogo ha una combinazione di umidità, ventilazione ed esposizione molto favorevole i terreni si estendono vicino alla villa storica.
Ero rimasto molto entusiasta del loro Chianti Rufina 2009 che  era stato unaIMG-20160228-WA0000
grande scoperta, dopo anni nei quali l’idea di bere un chianti non mi allettava molto, idea  forse dovuta all’immagine di un prodotto molto commerciale. Il chianti Rufina di
Ceretto Libri
 è prodotto con uve Sangiovese, e una piccola quota di Canaiolo, quello che colpisce
immediatamente sono i profumi la complessità un vino vivo.

Torniamo al nostro chianti, Fontodi si trova nel cuore del Chianti Classico più precisamente nella vallata che si apre a sud del paese di Panzano denominata “Conca d’oro“.

Con viti di oltre 30 anni, Sangiovese 90% e Cabernet Sauvignon 10% a una fermentazione spontanea con lieviti indigeni e macerazione in vasche di acciaio inox e per oltre 3 settimane  in barriques di Troncais e Allier per metà nuove.

Alla vista rimane ancora limpido di un colore rosso granato che anche sull’orlo non raggiunge mai  l’aranciato, abbastanza consistente. Al naso rimante intenso ma ancora chiuso a livello di complessità, questo è normale in un vino che ha vent’anni, quindi aspettiamo. Non resistiamo e nell’attesa lo assaggiamo un vino con ancora una grande acidità che lo ha aiutato a mantenersi negli anni.

La famiglia Manetti nel 1968 decise di acquistare Fontodi. Una stupenda  vigna impiantata a Sangiovese e Cabernet nei terreni ricchi di galestro.

Ora al naso si avvertono note vegetali eleganti forse date dal Cabernet e un sottobosco umido di humus, fiori secchi appena accennati,  in bocca si apprezza questa grande acidità che favorisce la salivazione e che nonostante l’età ne fa un vino ancora fresco e di grande bevibilità, un terziario  di  liquirizia e un leggero  sentore di anice, un tannino molto maturo delicato e persistente.

Poi come succede sempre nei grandi vini, soprattutto invecchiati, assaggiandolo ora a distanza di qualche decina di minuti, il vino cambia l’ossigeno lo evolve, ora note animali in bocca puro spettacolo questi tannini che sembravano vecchi sono rinati, al naso c’è  terra c’è  l’animale che ti riporta in un casolare della toscana, c’è la bevibilità di un chianti che ne fa un compagno di bevute in compagnia.

In bocca  un vino maturo ma non vecchio che regala una grande persistenza e un sentore leggero di anice.

Ecco l’identità del chianti!  Quella persa nel produrre e mischiare prodotti di bassa leva nell’ingordigia di fare numeri e questo perchè il mercato lo chiedeva, che alla lunga ne hanno compromesso l’immagine.